Forums
Nuovi post
Blog
Modelle
VIP Italiane
NovitĂ
Nuovi post
Nuovi media
Nuovi commenti ai media
Nuovi messaggi profilo
Ultime attivitĂ
Album
Nuovi media
Nuovi commenti
TrombAmica
Giochi
Tinder
Video
Amatoriale ITALIANO
Amatoriale Straniero
Pompini
V.I.P.
Pornostar Italiane
Pornostar Straniere
Sborrate in faccia
Camgirl
SexTape
Film porno
Aiutaci
CAM
Link
PornDude
Accedi
Registrati
Cosa c'è di nuovo
Nuovi post
Menu
Accedi
Registrati
Install the app
Install
Ciao Guest, clicca qui per scoprire come togliere la pubblicitĂ da phica.net!
Forums
Capitolo 1: Bar Mario
Racconti Erotici
Fotoracconti Erotici
Pompino con carota tra le chiappe
JavaScript è disabilitato. Per un'esperienza migliore, abilitare JavaScript nel browser prima di procedere.
You are using an out of date browser. It may not display this or other websites correctly.
You should upgrade or use an
alternative browser
.
Rispondi alla discussione
Messaggio
<blockquote data-quote="spoch" data-source="post: 20164487" data-attributes="member: 686768"><p>A parte questa, non c’era perversione che lo facesse ingrifare di più. Per lui era una messa, un sacramento sessuale, un’iniziazione. Tutte – tutte! – le donne che andavano con lui si erano ritrovate, chi prima, chi dopo, rannicchiate sul tavolo, con le tette alle ginocchia e i capelli raccolti, il cazzo suo tra le labbra e una carota in culo.</p><p></p><p>In paese lo conoscevano tutti come abile avvocato di mezz’età , dal profilo brizzolato sui social. Uno che nella vita ci sapeva fare. Lo incontravi un sabato con la diciottenne neopatentata al bar, e il sabato successivo al ristorante di lusso con la collega avvocatessa. Dicevano di lui che fosse un conversatore suadente, irresistibile. Giungeva al sodo per gradi, parlando all’inizio di sesso, in generale, e di piacere, e man mano portava il dialogo sui tabù, le fantasie e le perversioni. Lasciava che l’altra prima si aprisse con lui e gli confidasse i segreti esplosivi della propria immaginazione, e solo alla fine lui rivelava quanto lo facesse impazzire la carne col contorno di verdure.</p><p></p><p>Poi passava a descrivere lo scenario con la stessa abilità con cui arringava in aula. Descriveva la serata erotica perfetta. La solitudine dell’appartamento, la luce che c’è e non c’è, il tepore in sala da pranzo, il massaggio. Raccontava come spogliava, lentamente, come sbottonava le camicie, come sganciava i reggiseni. E come sapeva giocare coi capezzoli afferrando le tette da dietro, baciando sul collo, sulla nuca, dietro l’orecchio, leccando i padiglioni.</p><p></p><p>Spostava le mani in basso. Sfiorava la pancia, l’ombelico, il pube.</p><p></p><p>E via la gonna, o il jeans, o quel che era, e via le mutandine.</p><p></p><p>L’arrosto, non lo condiva subito. Prima assaggiava. Chiedeva alla compagna di stare in piedi, di spalle. E lui si inginocchiava, col fiato già corto, guardava. Palpava. Annusava. Mordeva. Ne aveva assaggiati di larghi e di stretti, di secchi e di larghi. Bucherellati, e cadenti, e sodi, e lisci. Bianco latte, con la linea dell’abbronzatura, o scuri. Freschi e odorosi di detergente intimo, o insaporiti dal sudore.</p><p></p><p>Poi chiedeva di chinarsi in avanti, e coi pollici allargava lo spacco.</p><p></p><p>Da lì, capiva che tipo di carota serviva, se più o meno lunga, o tozza, o sottile, o spessa.</p><p></p><p>Sussurrava all’orecchio di salire sul tavolo, e di stare il più possibile giù, come una sfinge sottomessa. Sulla parete, alle spalle del tavolo, appendeva uno specchio. Voleva che le chiappe posassero esattamente sui talloni, in modo che il culo si aprisse naturalmente. E massaggiava la fica con delicatezza, in modo da spalmare la spuma naturale di lei sull’ano passando per il perineo.</p><p></p><p>Poi apriva il frigorifero, sceglieva la carota, la intingeva nell’olio extravergine davanti a lei.</p><p></p><p>«Respira con me» diceva. <em>Uhm, uff</em>… <em>uhm, uff</em>…</p><p></p><p>E lei, <em>uhm, uff… uhm, uff…</em></p><p></p><p>Come se si preparasse a fare un’iniezione, massaggiava l’ano con due dita, ungendolo ancora con l’olio, e poi poggiava la punta della carota, delicatamente. Rispettava i sussulti della compagna, si fermava quando capiva di doversi fermare, e procedeva quando intuiva di poter andare. Ruga dopo ruga, la carotina scivolava tra le grinze rosee.</p><p></p><p><em>Uhm, uff… uhm, uff…</em></p><p><em></em></p><p><em>Uhm, uff… uhm, uff…</em></p><p></p><p>E se l’altra si lamentava, lui, con la sua voce bassa, lenta, diceva di continuare a respirare.</p><p></p><p>L’esperienza gli insegnava se poteva affondare fino a metà carota, o se fermarsi a un terzo o spingersi sino ai tre quarti. Quindi, diceva: «Ora, stringi, amore. Stringi più forte che puoi», e le chiappe s’indurivano subito intorno all’ortaggio.</p><p></p><p>E immediatamente, col cazzo di fuori, passava dalla parte opposta del tavolo e glielo ficcava tra le labbra, i polpastrelli fra i suoi capelli, e iniziava ad affondare anche di là , la lasciava mugugnare di dolore e piacere insieme. Nel riflesso dello specchio, il culo serrato intorno alla carota.</p><p></p><p>Quando lo incontravi al bar o ristante, in compagnia di una studentessa universitaria, o di una mamma single, o di una distinta signora in tailleur, be’, non facevi a meno di immaginarti la donna inginocchiata sul tavolo col suo cazzo in bocca e il mozzicone di carota in culo.</p><p></p><p>Non ho potuto farne a meno neanche io, quando l’ho intravisto al bar con mia madre.</p></blockquote><p></p>
[QUOTE="spoch, post: 20164487, member: 686768"] A parte questa, non c’era perversione che lo facesse ingrifare di più. Per lui era una messa, un sacramento sessuale, un’iniziazione. Tutte – tutte! – le donne che andavano con lui si erano ritrovate, chi prima, chi dopo, rannicchiate sul tavolo, con le tette alle ginocchia e i capelli raccolti, il cazzo suo tra le labbra e una carota in culo. In paese lo conoscevano tutti come abile avvocato di mezz’età , dal profilo brizzolato sui social. Uno che nella vita ci sapeva fare. Lo incontravi un sabato con la diciottenne neopatentata al bar, e il sabato successivo al ristorante di lusso con la collega avvocatessa. Dicevano di lui che fosse un conversatore suadente, irresistibile. Giungeva al sodo per gradi, parlando all’inizio di sesso, in generale, e di piacere, e man mano portava il dialogo sui tabù, le fantasie e le perversioni. Lasciava che l’altra prima si aprisse con lui e gli confidasse i segreti esplosivi della propria immaginazione, e solo alla fine lui rivelava quanto lo facesse impazzire la carne col contorno di verdure. Poi passava a descrivere lo scenario con la stessa abilità con cui arringava in aula. Descriveva la serata erotica perfetta. La solitudine dell’appartamento, la luce che c’è e non c’è, il tepore in sala da pranzo, il massaggio. Raccontava come spogliava, lentamente, come sbottonava le camicie, come sganciava i reggiseni. E come sapeva giocare coi capezzoli afferrando le tette da dietro, baciando sul collo, sulla nuca, dietro l’orecchio, leccando i padiglioni. Spostava le mani in basso. Sfiorava la pancia, l’ombelico, il pube. E via la gonna, o il jeans, o quel che era, e via le mutandine. L’arrosto, non lo condiva subito. Prima assaggiava. Chiedeva alla compagna di stare in piedi, di spalle. E lui si inginocchiava, col fiato già corto, guardava. Palpava. Annusava. Mordeva. Ne aveva assaggiati di larghi e di stretti, di secchi e di larghi. Bucherellati, e cadenti, e sodi, e lisci. Bianco latte, con la linea dell’abbronzatura, o scuri. Freschi e odorosi di detergente intimo, o insaporiti dal sudore. Poi chiedeva di chinarsi in avanti, e coi pollici allargava lo spacco. Da lì, capiva che tipo di carota serviva, se più o meno lunga, o tozza, o sottile, o spessa. Sussurrava all’orecchio di salire sul tavolo, e di stare il più possibile giù, come una sfinge sottomessa. Sulla parete, alle spalle del tavolo, appendeva uno specchio. Voleva che le chiappe posassero esattamente sui talloni, in modo che il culo si aprisse naturalmente. E massaggiava la fica con delicatezza, in modo da spalmare la spuma naturale di lei sull’ano passando per il perineo. Poi apriva il frigorifero, sceglieva la carota, la intingeva nell’olio extravergine davanti a lei. «Respira con me» diceva. [I]Uhm, uff[/I]… [I]uhm, uff[/I]… E lei, [I]uhm, uff… uhm, uff…[/I] Come se si preparasse a fare un’iniezione, massaggiava l’ano con due dita, ungendolo ancora con l’olio, e poi poggiava la punta della carota, delicatamente. Rispettava i sussulti della compagna, si fermava quando capiva di doversi fermare, e procedeva quando intuiva di poter andare. Ruga dopo ruga, la carotina scivolava tra le grinze rosee. [I]Uhm, uff… uhm, uff… Uhm, uff… uhm, uff…[/I] E se l’altra si lamentava, lui, con la sua voce bassa, lenta, diceva di continuare a respirare. L’esperienza gli insegnava se poteva affondare fino a metà carota, o se fermarsi a un terzo o spingersi sino ai tre quarti. Quindi, diceva: «Ora, stringi, amore. Stringi più forte che puoi», e le chiappe s’indurivano subito intorno all’ortaggio. E immediatamente, col cazzo di fuori, passava dalla parte opposta del tavolo e glielo ficcava tra le labbra, i polpastrelli fra i suoi capelli, e iniziava ad affondare anche di là , la lasciava mugugnare di dolore e piacere insieme. Nel riflesso dello specchio, il culo serrato intorno alla carota. Quando lo incontravi al bar o ristante, in compagnia di una studentessa universitaria, o di una mamma single, o di una distinta signora in tailleur, be’, non facevi a meno di immaginarti la donna inginocchiata sul tavolo col suo cazzo in bocca e il mozzicone di carota in culo. Non ho potuto farne a meno neanche io, quando l’ho intravisto al bar con mia madre. [/QUOTE]
Inserisci quotes...
Verifica
Invia risposta
Forums
Capitolo 1: Bar Mario
Racconti Erotici
Fotoracconti Erotici
Pompino con carota tra le chiappe
Attenzione! Phica è un sito per ADULTI, con contenuti sessualmente espliciti!
Per utilizzare Phica devi essere maggiorenne e accettare i cookie.
Se non hai 18+ o non vuoi accettare i cookie, premi Exit.
18+
❌ Exit
Ottieni di piĂą...
Top
Bottom